Bio

Valeria Vaccaro nasce a Torino nel 1988. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico, studia scultura presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Dal 2005 espone regolarmente in mostre personali e collettive in Italia, Francia, Germania, Inghilterra e Montenegro e partecipa a fiere di settore. Tra il 2013 e il 2015 partecipa alla Biennale itinerante europea JCE Jeune Création Européenne. Nel 2015 espone a Exhibit a Torino e al Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivara. Nel 2017, in occasione dell’Art Prize CBM, vince una menzione speciale dalla città di Torino. Nello stesso anno è tra i vincitori dell’ArTeam Cup 2017. Nel 2021 viene selezionata per esporre alcune sue sculture nell’ambito di BAG Bocconi Art Gallery a Milano. Nel 2022 è la vincitrice del Secondo Premio Fondazione VAF IX Edizione riconosciuto dalla prestigiosa Fondazione tedesca con lo scopo di promuovere posizioni innovative nell’arte contemporanea italiana e di comunicarle in Germania. Vive e lavora a Torino.

About

Il fil rouge sotteso alla gran parte del opere di Valeria Vaccaro non è tanto, venatura dopo venatura, la riproduzione esatta del materiale ligneo quanto la combustione, ovvero l’agire del fuoco.

Ogni scultura è come se fosse un’istantanea di quel processo, dove l’attimo viene colto e reso perenne nel suo divenire: un istante fugace che viene congelato attraverso un materiale considerato da sempre eterno, cioè il marmo.

Ad ardere sono oggetti mediocri, senza valenza estetica alcuna, ma il processo di trasformazione che li investe non si limita solo a una mutazione di materia ma si pone su un altro livello, donando loro un valore in quanto opera d’arte.

Fuoco e combustione sono infatti portatori di una molteplicità di significati simbolici, riconducibili a due fondamentali aspetti: il fuoco da elemento di distruzione e giudizio è nello stesso tempo metafora di rinnovamento.

L’azione distruttiva delle fiamme si propone qui allo stesso tempo come ri-generatrice e sinonimo del gesto creativo dell’artista-demiurgo.

Pallet bruciacchiati e casse da trasporto in disuso, relitti contemporanei ormai familiari, propri di una quotidianità cui ormai siamo avvezzi, sinonimo di desolazione, abbandono e spreco, anziché in depositi e magazzini occupano indebitamente spazi espositivi.

Decontestualizzati rispetto ai luoghi a loro propri, tali oggetti di natura prettamente utilitaristica, servi muti dell’industria come dell’arte, vengono offerti allo spettatore come opera, dove il contenitore inaspettatamente si propone come contenuto.

É interessante notare come il linguaggio espressivo che emerge da ogni lavoro di Valeria Vaccaro sia scandito da una successione incalzante, a più riprese e più livelli, di ossimori visivi e tangibili.

Concetti opposti e contrari vengono accostati in un unico oggetto, generando così impreviste forme di paradosso: il legno diventa freddo, il marmo brucia e si carbonizza, la cassa da trasporto non contiene nulla ma risulta essere l’opera d’arte stessa. 

Ogni scultura, rappresentazione concreta della figura retorica dell’ossimoro, contraddice un termine con il suo opposto, va contro le regole e il buon senso comune generando così un cortocircuito di significato, un senso di sorpresa e spiazzamento.

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